L’ultimo canto di Francesco d’Assisi

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Articolo francesco 13 ottobre 1226. Francesco, ormai morente è lì, nella sua amata Porziuncola, a Santa Maria degli Angeli, steso sulla nuda terra, circondato dai suoi frati. Sono gli ultimi momenti della vita di un uomo sul corpo del quale rosseggiano, come gemme preziose, i segni della Passione di Cristo. Il segreto del Gran Re è ormai svelato a tutti, ora non ha più nulla da trattenere: tutto è dato. Solo l’ultimo respiro ormai è pronto per essere restituito al suo Creatore.

Articolo francesco 4Mentre i suoi fratelli, intorno, cantano con voci velate da lacrime di commozione le Lodi del Signore, il Cantico da lui stesso composto, in cui l’uomo diventa voce cosmica di tutto il creato, Francesco è impegnato in un’ultima battaglia, quella in cui la vittoria si ottiene unicamente attraverso l’abbandono confidente.

Articolo francesco 3“Laudato sii, mi’ Signore, per messer lo frate sole… sora luna e le stelle… laudato sii, mi Signore per omne tempo…”.

Sì, Signore – pensa Francesco – in ogni tempo tu mi hai sostenuto e mi hai condotto: nel sole e nella pioggia, nella dolce brezza e nella tempesta.

“Laudato sii, mi’ Signore per quelli ke perdonano per lo tuo amore e sostengo infirmitate e tribulatione…”.

Il perdono, la misericordia, il sostenere le tribolazioni e le sofferenze: tutto viene da te, mio Signore e ora vengo a te e restituisco a te la vita che tu stesso mi hai dato.

“Laudato sii mi’ Signore per sora nostra morte corporale da la quale nullo homo vivente po’ skappare: guai a quelli ke morranno ne le peccata mortali; beati quelli ke trovarà ne le tue sanctissime voluntati…”.

Signore, chi si potrà salvare? Chi potrà dire di essere trovato nella tua volontà? Tu mi hai guardato con predilezione, proprio perché sulla terra non hai trovato un uomo più disprezzabile e più peccatore di me, e ora che posso fare se non gridare a te e rimettere tutta la mia vita nelle tue mani, come il Signore Gesù sulla croce: “Padre nelle tue mani consegno la mia vita”?

Un flebile voce, d’un tratto si eleva: il canto dei frati pian piano si tacita: Francesco canta:

“Con la mia voce grido al Signore, con la mia voce supplico il Signore;
davanti a lui effondo il mio lamento, davanti a lui sfogo la mia angoscia.
Mentre il mio spirito viene meno, Tu conosci la mia via.
Nel sentiero dove cammino mi hanno teso un laccio.
Guarda a destra e vedi: nessuno mi riconosce.
Non c’è per me via di scampo, nessuno mi riconosce.
Io grido a te, Signore; dico: Sei tu il mio rifugio,
sei tu la mia sorte nella terra dei viventi.
Ascolta la mia supplica: ho toccato il fondo dell’angoscia.
Salvami dai miei persecutori perché sono di me più forti.
Strappa dal carcere la mia vita, perché io renda grazie al tuo nome:
i giusti mi faranno corona quando mi concederai la tua grazia”.

È il salmo 141, un salmo noto a Francesco, pregato centinaia di volte. Ora sgorga dalle sue labbra e dal suo cuore come il suo ultimo canto, il canto di un uomo che si trova insidiato da lacci in una situazione di solitudine, di abbandono da parte degli amici. Francesco, il giullare, il solare cantore delle lodi di Dio, al limitare della soglia, combatte la sua ultima battaglia. Il canto di questo salmo ci solleva un poco il velo sui sentimenti che lo abitano: l’angoscia e la solitudine che accompagna l’umano morire non gli sono risparmiati, come anche a Gesù sulla croce. Egli muore della morte di ogni uomo, come ha vissuto gli entusiasmi e le difficoltà talvolta oscure di ogni vivere umano.

ob_134903_mortsfEppure il suo è ancora un canto che dice speranza, che dice abbandono (“dico: Sei tu il mio rifugio, sei tu la mia sorte nella terra dei viventi”). La morte di Francesco è “una morte pasquale, come pasquale era stata la sua esperienza di vita, segnata da quel perdere la vita per trovarla, da quell’amaro che si muta in dolcezza… La lode, come rendimento di grazie e restituzione ultima del proprio soffio vitale, è un perdere quanto si restituisce, ma è anche l’atto supremo di libertà, che trasforma in gratuita offerta ciò che altrimenti è violenta sottrazione. L’acuta percezione che viene sottratto il bene più prezioso si trasforma in dono: è la pasqua di risurrezione” (C. Vaiani).

“Laudate e benedicete mi’ Signore et rengratiate e serviateli cum grande humilitate”.

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